San Bonaventura informa dedica il Focus del mese al tema della misericordia, argomento tanto caro a papa Francesco da cui partono le riflessioni di fra Emanuele Rimoli, docente di Antropologia cristiana e redattore del mensile. Una riflessione per accompagnarci nella “dinamicità, vivacità e tensione” del verbo “misericordiare” coniato dal Papa a dimostrazione di come la misericordia non sia una parola statica ma un vero e proprio movimento.
«Papa Francesco non perde occasione per declinare il tema della misericordia in diversi modi e ambiti. Non solo, insiste sulla misericordia con un’accezione così originale che richiede un linguaggio da inventare, e così crea parole superando la grammatica convenzionale: primerear, balconear, doverfaresimo, ningunear e, infine, misericordiare.
L’elemento chiave è la consapevolezza che la misericordia non è una cosa ma un verbo, quindi indica dinamicità, vivacità e tensione.
Per il Papa la misericordia non è una cosa o un risultato, ma un movimento. Essa, infatti, si distende nel tempo, nei mutevoli processi storici, proprio lì dove Dio si manifesta.
Ora, questa concezione dinamica e non essenzialista della misericordia, da cui dipende il linguaggio del Papa, deriva da una sensibilità allenata al discernimento che, infatti, è attento più ai movimenti interiori piuttosto che ai risultati, e il cui fine è di poter gustare il contenuto fondamentale della nostra fede, cioè che "prima del peccato, abbiamo la rivelazione dell’amore con cui Dio ha creato il mondo e gli esseri umani. L’amore è il primo atto con il quale Dio si fa conoscere e ci viene incontro" (Misericordia et misera, MM 5). […]
La misericordia, dunque, non è semplicemente una sensibilità filantropica col vestito religioso, ma un travaso della stessa vita di Dio, il quale non è mai “fermo”. Perciò ricevere o donare misericordia è essere inglobati nel movimento che è l’amore di Dio per tutti gli uomini in Gesù.
Non si tratta del semplicistico “non è niente, non fa nulla”, ma di allargare la visione alle dimensioni di Dio, per cui il perdono che offro o ricevo mi permette di gustare, appunto, l’amore di Dio per gli uomini.
Questo è fonte di vera consolazione, poiché si rivela essere la porta da attraversare per gustare sempre ciò che il cuore davvero desidera, ovvero il dono di Dio – se, infatti, il dono di Dio parla di riconciliazione fra Dio e uomo, questo non sarà riconoscibile se non nella riconciliazione tra fratelli. (E.R.)
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